Dialogo – Non fidarti della notte
Dialogare su un thriller con molti tratti da giallo non è affatto semplice, si rischia sempre di rivelare qualcosa sul finale o sul movente dell’assassino.
Io e Maria Teresa Steri abbiamo affrontato questa impresa parlando del suo romanzo “Non fidarti della notte”. Maria è stata già ospite sul blog e abbiamo scambiato più di una chiacchierata intorno ai suoi romanzi, pertanto, con l’esperienza dei precedenti dialoghi, abbiamo svelato alcune curiosità che possono stuzzicare la lettura di questo libro senza rovinare alcuna sorpresa.
A un tratto è sembrato perfino di essere nella storia come due investigatori, ma non mi dilungo oltre e ti lascio al dialogo.
Autore: Maria Teresa Steri
Genere: Thriller, Psicologico
Anno di Pubblicazione: 2021
Pagine: 254
Recensione
L’autrice
Maria Teresa Steri è nata nel 1969 e cresciuta a Gaeta. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia si è trasferita a Roma, dove vive attualmente con il marito. Ha collaborato come giornalista pubblicista nella redazione di quotidiani e riviste, per la scrittura di articoli, la revisione di testi e l’impaginazione.
Cura il blog Anima di carta dedicato a chi ama scrivere e leggere. Si interessa di scrittura creativa e antroposofia. È un’appassionata di Alfred Hitchcock. I suoi autori di narrativa preferiti sono Ruth Rendell e Boileau-Narcejac.
Ha pubblicato nel 2009 il suo primo romanzo “I Custodi del Destino”, un thriller basato sull’idea della reincarnazione. Nel 2015 è uscito il suo secondo romanzo, un noir con elementi sovrannaturali intitolato “Bagliori nel buio”. “Come un dio immortale” (2017) è il suo terzo romanzo mentre “Tra l’ombra e l’anima” (2019) è la nuova edizione interamente riveduta del suo primo romanzo.
Nel romanzo “Non fidarti della notte” hai tratteggiato dei protagonisti complessi su cui c’è molto da dire, però vorrei evidenziare innanzitutto un aspetto.
Le tue storie sono sempre avvolte da mistero soprannaturale e in questa storia c’è un piccolo accenno. Mi riferisco alle doti di Gabriele di influenzare la realtà con i suoi sogni.
Non sono proprio sogni premonitori però sul finale c’è un piccolo dettaglio che lascia intendere al lettore qualcosa sulle sue capacità.
Sono curioso di sapere se volevi mettere giusto un pizzico di soprannaturale in questa storia oppure quel dettaglio debba essere usato come una luce per interpretare la storia in modo diverso.
Cerca di non svelare troppo di questo piccolo dettaglio, mantieni un po’ di mistero come ben fai nei tuoi libri.
Sono anche molto contenta della tua domanda, che coglie un aspetto della storia che mi sta molto a cuore. Come sai, il mio interesse per il soprannaturale spunta spesso nei miei romanzi, anche un po’ a sorpresa, ovvero senza che l’avessi previsto. Si può dire che è esattamente quello che è capitato in questo caso.
Fin dall’inizio mi sono posta nella prospettiva di Dalia, che si mostra scettica riguardi ai sogni di Gabriele e cerca di mantenere i piedi per terra. Questo punto di vista rimane per tutto il romanzo, ma a un certo punto mi è venuto spontaneo inserire un pizzico di ambiguità, un dubbio: e se invece nei sogni potesse davvero manifestarsi qualcosa di più? Lascio al lettore ogni interpretazione al riguardo. E immagino che anche tu ti sarai fatto una tua idea.
Sai, questa cosa mi ricorda un sogno letto ne “L’interpretazione dei sogni” di Freud. Un uomo sogna di essere condannato a morte durante la Rivoluzione Francese e viene portato alla ghigliottina. La lama cala e lui la percepisce sul collo come reale nello stesso istante in cui si sveglia e si rende conto che la spalliera del letto gli è caduta addosso. Freud lo riporta per parlare della grande capacità del nostro cervello di elaborare e correlare ciò che ci circonda. Pensa un po’.
Oserei dire che la capacità di Gabriele possa averlo spinto a costituirsi perché conosceva gli sviluppi dell’arresto. In realtà, credo che la sua decisione nasca dalla voglia di portare equilibrio nella sua vita e in quella di Dalia, pagando anche il prezzo di ciò che potrebbe aver commesso senza rendersene conto.
Durante la storia, il comportamento di Gabriele, però, mi è parso suscettibile di varie interpretazioni, fra cui quella di un manipolatore esperto che influenza Dalia.
Vorrei sapere quindi qual è stata la tua bussola per ritrarre Gabriele e portarlo alla redenzione, se c’è. Doveva essere dominato dai suoi sogni o imporre la sua volontà con essi?
Non so dirti però se ci sia stata una redenzione, in questo ho preferito lasciare le conclusioni al lettore.
Tra parentesi, ti confesso che ho scritto il finale due volte perché non ero tanto convinta…
Ricordo di aver letto che Chandler ha riscritto più volte il finale de “Il lungo addio” per far risaltare le emozioni del suo investigatore Philip Marlowe.
A me il finale che hai pubblicato è piaciuto, risulta autentico dopo tutto ciò che è successo fra Dalia e Gabriele, direi che sottolinea il carattere volitivo di Dalia.
Quindi adesso la curiosità è tanta e vorrei sapere cosa non ti convinceva nei tuoi finali scartati.
Va da sé che puoi tergiversare.
Puoi anche avvalerti della facoltà di non rispondere.
Però mi piace quest’aura da indagine poliziesca, che ovviamente tocca a te condurre. Io ti faccio da assistente.
Che dici, proviamo a fare luce sui legami degli altri implicati nella vicenda per vedere come influenzano Dalia e Gabriele?
Per Dalia abbiamo il fratello Pietro e l’amica Flaminia, per Gabriele abbiamo la madre Agostina e la poliziotta Marta sua nuova fiamma.
Direi che abbiamo soggetti “opprimenti” da un lato, Pietro e Agostina, e soggetti “valvole di sfogo” dall’altro, Flaminia e Marta.
Devo dire che di solito non ho in mente ruoli precisi per questi personaggi secondari, ma in qualche modo riescono sempre a sorprendermi!
Anche io non definisco a priori e fino in fondo tutti i personaggi, voglio appunto essere sorpreso, vedere che svolta possono dare alla mia storia.
In questa vicenda, però, c’è una vittima in senso stretto: Irene. La donna assassinata è il fulcro della storia e all’inizio l’hai ritratta con ambiguità proprio per questo.
Tu scrivi:
Gabriele cominciò a frugare in giro, sollevando con furia cose qua e là.
«Si può sapere cosa stai cercando, ora?».
«Il telefono. Nelle scorse settimane ho scattato qualche foto a Irene, prima che fosse assassinata».
Dopo un’affannosa ricerca, tirò fuori il cellulare. Il suo ambivalente approccio con la tecnologica non era cambiato: maneggiava il telefono con un certo disagio. Si allungò per mostrarmi delle immagini. Constatai che c’era ben più di qualche foto. Decine e decine di scatti dell’edificio e delle residenti, come se si fosse appostato a lungo per spiarle, alla luce del giorno e durante la notte. Avvertii un familiare senso di inquietudine.
Sfogliò con impazienza le foto, fino a trovare quello che cercava: le immagini di una donna sui trent’anni, vestita con una gonna dozzinale che le arrivava alle caviglie, le spalle coperte da una giacca di jeans. Un tipo anonimo, non particolarmente attraente.
«Perché hai scattato tutte queste foto? Sorvegliavi la casa?».
Mise via il telefono con un gesto stizzoso. «Sapevo che stava per succedere qualcosa, ci avrei messo la mano sul fuoco. Ma non potevo dimostrarlo. La polizia non ti crede senza prove concrete, dannazione».
«Vale a dire che…».
«L’ho sognato, te l’ho detto. Notte dopo notte. Durante il giorno, ho tentato di avvicinarla, ma era sfuggente, restia a parlare con gli estranei. Forse sapeva di essere in pericolo».
Il suo essere sfuggente permette alla storia le varie chiavi di lettura che sorprenderanno il lettore nel finale.
Senza fare rivelazioni sul personaggio, va detto che è inserita in un contesto un po’ horror a cui si lega una componente religiosa. Infatti è stata ritrovata cadavere in una chiesa.
Molte scene del libro danno un senso di gotico e di horror alla storia.
Questo mi ha fatto pensare a Hitchcock e il suo “La finestra sul cortile”, quindi sono curioso di sapere se fra le righe volevi fare un omaggio al regista che so essere fra i tuoi preferiti.
In riferimento a quanto dicevi, Irene ha assunto una sua importanza man mano che la storia è andata avanti, anche se all’inizio non sapevo neanche io bene che ruolo avesse. Misteri della scrittura!
Penso a come si intrecciano le vite di Irene, Gabriele, Marta e Dalia.
Gabriele si interessa a Irene, Marta è una poliziotta, e quindi si interessa a Gabriele quando lui va alla polizia per dire che Irene potrebbe essere in pericolo, e infine c’è Dalia che suo malgrado deve interessarsi agli altri tre.
Lasciamo da parte il finale e quanto in realtà tutto ruoti intorno a Dalia, ma al principio Gabriele si interessa a Irene solo per averla vista di sfuggita nel viale sotto casa. Nel suo diario scrive di averla raggiunta in chiesa e di aver scambiato poche parole con lei.
Ecco, la curiosità è questa: potremmo dire che è stato l’inconscio di Gabriele a spingerlo verso Irene e che in un modo o nell’altro, prima o poi, l’avrebbe incontrata. Che sia successo per uno sguardo di sfuggita non fa differenza. In uno sliding doors ipotetico, anche senza quell’avvistamento, le loro vite si sarebbero intrecciate lo stesso.
Mi piacerebbe sapere la tua visione in proposito e se hai pensato a un modo diverso di intrecciare le vite di Irene e Gabriele oppure hai voluto proprio un piccolo evento, quasi insignificante, da cui scaturisse poi quest’effetto domino nelle vite dei protagonisti.
Mi piaceva comunque l’idea che quell’unico casuale piccolo evento avesse dato il via a un effetto domino nelle vite di tutte le persone coinvolte. Se ci pensi anche nella vita vera a volte basta un’inezia apparentemente insignificante a creare un’onda che va crescendo con il tempo intrecciandosi ad altre situazioni.
Dopo le cose evolvono, spesso piacevolmente. Quando mi imbattei nel tuo blog Anima di Carta, mai avrei pensato che un giorno avremmo stretto amicizia e ci saremmo ritrovati a chiacchierare così tanto intorno a delle storie.
Questo dialogo è una di quelle situazioni piacevoli che, ahimè, direi di concludere qui per non svelare risvolti del finale.
Credo sia chiaro che per me questo scambio di battute è stato sorprendente e gradito, non mi resta che salutarti, ringraziarti e lasciarti la parola per aggiungere qualcosa. Magari un retroscena di “Non fidarti della notte” che non sono riuscito a captare ma vorresti tanto raccontare.
Per chiudere, Renato, vorrei ringraziarti di cuore per questo scambio che ho molto apprezzato e che mi arricchisce tanto ogni volta, e naturalmente per l’ospitalità che mi offri sul tuo blog. Un grazie caloroso anche ai tuoi lettori che spero ci abbiano seguito con piacere fin qui!
Dove trovare il libro
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L'Autore
Renato Mite
Renato Mite è determinato a fare della scrittura il suo mestiere. Scrive dall'età di dieci anni cominciando con una Olivetti Lettera 32 verde e storie strampalate, negli anni a seguire affina l'arte con racconti brevi fino al suo primo romanzo, "Apoptosis", un thriller fantascientifico scaturito dalla passione per scienza, tecnologia e informatica.
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Renato, ti ringrazio ancora tanto per questa piacevole chiacchierata e per aver letto e recensito il romanzo.
Maria,
piacere mio, è sempre bello chiacchierare con te dopo aver letto un tuo romanzo che, come sempre, mi coinvolge.
Ieri avevo lasciato un commento ma non lo vedo, ci riprovo. È stato interessante ripercorrere la trama di questo romanzo che ho letto appena uscito, molto apprezzato anche lo scambio di battute tra voi due.
Grazie Giulia, sia per aver letto e apprezzato il dialogo sia per essere tornata a commentare ^_^
Grazie Giulia, per il commento e la perseveranza 🙂 anche da parte mia.
Deve essere successo qualcosa a WordPress, mi scuso.
Sono contento che con il dialogo tu abbia potuto ripercorrere la trama del libro, nei dialoghi cerco appunto di toccare i punti salienti della storia.
Interessante questo dialogo anche per me, che non ho ancora letto il romanzo (sono in arretrato con le letture in maniera paurosa, uffa). Buona la scelta di lasciare al lettore l’interpretazione dei sogni, premonitori o influenzanti della realtà, di Gabriele. Così nessuno ne risulterà scontento. 😉
Curioso anche che quel primo finale, che non convinceva del tutto Maria Teresa, non abbia convinto anche i beta reader: forse la non convinzione dell’autore traspare dal testo? E alla fine si scrive quello che si sente più nelle corde, più “vero”, più “vivo”, anche se non è così lieto…
Ciao Barabara,
grazie per il tuo commento.
Condivido il tuo pensiero sul finale, e sono sicuro che Maria potrà confermare che era il suo obiettivo, e cioè che alla fin fine scriviamo ciò che più si avvicina alla nostra idea della storia, proprio per renderla viva. Purtroppo nella vita non ci sono solo finali felici. Nei libri però possiamo prenderci qualche rivincita.
Buone letture 😉
Grazie Barbara per aver letto il nostro dialogo!
Sì, può darsi che la mia incertezza sul finale trasparisse in qualche modo. Credo che gli ultimi capitoli di un romanzo siano sempre una sfida, da una parte si vorrebbe dare una degna conclusione alla storia, dall’altra è inevitabile pensare al lettore e desiderare che resti soddisfatto.
Concordo poi con quello che dice Renato, nella vita non sempre ci sono finali felici, ma nei libri si cerca spesso un compromesso tra realismo e lieto fine. Spero di esserci riuscita 🙂